In ambito tributario, la legge italiana non fissa un termine unico e generale di prescrizione per i crediti dello Stato. Per questo motivo, ogni situazione va valutata alla luce delle norme fiscali specifiche. Se queste non indicano un termine diverso, si fa riferimento alle regole generali del codice civile.

Con l’ordinanza n. 4385 del 19 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha confermato che, in assenza di disposizioni particolari, la prescrizione dei crediti erariali segue il termine ordinario di dieci anni previsto dall’art. 2946 del codice civile.

Il caso riguardava un contribuente che aveva ricevuto un’intimazione di pagamento relativa a vecchie cartelle esattoriali. Poiché erano trascorsi oltre cinque anni dalla notifica delle cartelle, il contribuente aveva contestato la validità della richiesta, invocando la prescrizione.

I giudici di merito avevano accolto questa eccezione, ritenendo che il termine fosse di cinque anni, come previsto dall’articolo 2948 per le prestazioni periodiche.

Tuttavia, l’agente della riscossione ha portato la questione davanti alla Cassazione, sostenendo che le somme dovute all’erario non rientrano tra le obbligazioni periodiche, e quindi si doveva applicare il termine decennale.

La Suprema Corte ha dato ragione all’agente, affermando che le imposte, anche se relative a singoli periodi d’imposta, non sono da considerare prestazioni periodiche nel senso civilistico. Quindi, in assenza di norme fiscali che dispongano diversamente, vale la regola generale: prescrizione dopo dieci anni.

Questa decisione si inserisce in un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, valido per imposte come IRPEF, IVA e altre entrate erariali.